giovedì 18 febbraio 2016

Il vicolo cieco dell'economia. Articolo di Luca Bagatin

Sembra sia arrivato quel momento della Storia nel quale qualsiasi cosa si sia desiderata e immaginata sia possibile, realizzabile, ottenibile. Tanto una Sony o una multinazionale qualsiasi la realizzerà. Sì, ma a che prezzo ? Ad un prezzo al di sopra dei nostri mezzi. A prezzo di un lavoro inesistente o precario o sottopagato; al prezzo di una concorrenza straniera sempre più pressante; a prezzo di una sanità e di una anzianità sempre meno tutelate. A prezzo, insomma, di aspetti che le cosiddette leggi dell'economia non contemplano, perché contrarie alle stesse.
Questa la tesi di fondo de “Il vicolo cieco dell'economia” di Jean-Claude Michéa, filosofo orwelliano, pubblicato dall'ottima casa editrice Elèuthera.
Tesi che ci dicono, fra l'altro, che questa società di matrice capitalista, ovvero liberal-progressista, ci ha inculcato le sue “leggi di mercato” in anni e decenni di lavaggio del cervello attraverso sia la pubblicità commerciale (che crea bisogni inutili e indotti), che attraverso programmi scolastici volti a farci supinamente accettare un'ineluttabile globalizzazionee e una modernità tecnologica totalmente illusoria.
Le radici della società capitalista, Michéa le fa dunque risalire all'Illuminismo, allorquando i filosofi individuarono nel meccanismo dell'interesse egoistico ogni forma di rapporto umano, ovvero nel razionalismo e nell'utilitarismo le basi sulle quali si sarebbe dovuta fondare una società moderna.
Fra i massimi esponenti di tale corrente, il filosofo ed economista Adam Smith, le cui tesi sono tutt'oggi fondamento dell'economia capitalista e di mercato e che obbligano l'individuo ad essere flessibile, ovvero a cambiare continuamente abitudini, lavoro e luogo di residenza (il famoso fenomeno del cosmopolitismo e dell'immigrazionismo) e dunque ad adattarsi ad ogni ordine impartito dalle leggi dell'economia, della concorrenza e del mercato.
L'individuo, lungi dall'essere veramente libero, si trasforma dunque in un atomo che si trova nelle condizioni di non poter ricercare e creare legami stabili (nemmeno sentimentali) con i suoi consimili, al punto che ogni impegno nei confronti degli altri diventa una sorta di ostacolo al perseguimento dei propri interessi e della propria ricchezza materiale.
Michéa rileva, in tutto questo, come la società capitalista e modernista obblighi altresì l'individuo a rimanere giovane per l'eternità. Costretto ad adattarsi alle regole dell'economia e del mercato, in una corsa senza fine, l'individuo non può permettersi di invecchiare e di ammalarsi e la sua illusoria eterna giovinezza deve a tutti i costi rappresentare un must di successo, esempio massimo dell'edonismo progressista e della massima fede nel futuro. In tutto ciò, come peraltro già accennato, l'individuo non sarà in grado di impegnarsi in relazioni stabili e profonde - in particolare nella sfera sentimentale - stabilendo così con gli altri suoi simili solo relazioni fuggevoli.
Jean-Claude Michéa fotografa, così, l'uomo moderno da diverse generazioni a questa parte: le sue relazioni sentimentali fuggevoli; la sua assurda cura del corpo ma non dell'intelletto e dello spirito; la sua mancanza di amicizie nella vita reale, ovvero di finte amicizie: pressoché quasi solo ed esclusivamente virtuali e internettiane.
Uomo moderno, ovvero uomo schiavo della società capitalista, che Michéa dice essere stata sdoganata, in Francia, dalla sinistra – figlia dell'Illuminismo - che si contrapponeva al socialismo delle origini e dunque alla feroce critica di Engels e di Proudhon al modernismo illuminista con il suo individualismo devastante. L'operaismo ed il popolarismo francese, più che marxista, era infatti proudhoniano ed ha sempre proposto una forma di società formata da una comunità di liberi ed eguali.
Jean-Claude Michéa ritiene dunque che sia necessaria una vera e propria rivoluzione culturale che attinga all'insegnamento socialista, anarchico e populista (il termine “populismo è stato connotato in senso spregiativo in questo secolo proprio dai capitalisti al fine di contrapporsi ai difensori del popolo) del XIXsecolo e dell'insegnamento di George Orwell e che fondi una società basata sul dono, sull'aiuto reciproco e sul senso civico. Ovvero una società che, su tali fondamenta, superi il capitalismo ed il modernismo.
George Orwell, come Michéa spiega ottimamente nel suo saggio, parla infatti di common decency quale aspetto fondante dello spirito del socialismo, ovvero la capacità morale degli individui di impegnarsi reciprocamente. Una virtù umana, in sostanza, contrapposta al calcolo egoista propugnato dal liberalismo economico.
Jean-Claude Michéa, nella sua analisi relativa al socialismo delle origini, non dimentica di riconoscere gli autentici meriti della fondazione del socialismo e del concetto di socialismo all'operaio tipografo francese Pierre Leroux. Già aderente alla Carboneria, Leroux aderì al saint-simonismo e successivamente, distaccatosene, elaborò la sua teoria sul socialismo quale alternativa all'individualismo egoista ed allo statalismo, proponendo una visione di società destinata all'autogoverno.
La critica di Michéa al capitalismo prosegue infine attraverso le sue prefazioni – inserite quali appendice nel saggio “Il vicolo cieco dell'economia” - ai saggi dello storico e studioso Christopher Lasch. Studioso conservatore e socialista, Lasch, al pari di Michéa, si pone in totale antitesi rispetto al capitalismo, al modernismo ed al progressismo che hanno sostanzialmente messo in vendita ogni rapporto sociale, umano e politico in nome dell'incultura del piacere, del desiderio effimero e delle regole di un'economia che ha sempre di più schiavizzato l'individuo e la società nella quale egli vive.

Luca Bagatin

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