mercoledì 31 gennaio 2018

"La rivolta delle élite - Il tradimento della democrazia" di Christopher Lasch. Articolo di recensione di Luca Bagatin

Già nel 1994, se non prima, il sociologo statunitense Christopher Lasch individuò - analizzando la società statunitense - una separazione radicale fra le élite al potere e le masse popolari, fra il liberalismo ed un rinnovato populismo.
Di recente, non a caso, la casa editrice Neri Pozza ha rieditato l'ottimo saggio dal titolo "La rivolta delle élite - Il tradimento della democrazia", opera nella quale Lasch individua la crisi profonda della democrazia moderna.
In essa l'autore rileva come le élite liberali siano completamente scollegate dalla realtà e dal lavoro produttivo, il cui legame con esso è unicamente legato al "consumo" e ad una "realtà" parallela fatta di cosmopolitismo fine a sè stesso, di una visione sostanzialmente "turistica" del mondo, ove per "far carriera" occorre spostarsi e gettare alle spalle ogni legame con la propria terra d'origine.
A tale visione, Lasch, contrappone diversamente il populismo originario del People's Party americano ed una visione comunitaria dell'esistente, fondata su valori egualitari, sull'autogoverno e la mutua collaborazione.
E' dunque, secondo Lasch, il declino delle comunità fondate sull'autogoverno che mette in discussione il futuro della democrazia. Esse sono state infatti sostituite da non-luoghi quali ad esempio il "centro commerciale" periferico e le città sono diventate una sorta di bazar ove boutiques e hotel di lusso sono praticamente inaccessibili ai residenti medesimi, alcuni dei quali si rivolgono al crimine organizzato quale "unica via d'accesso al mondo scintillante che viene loro seducentemente presentato come l'incarnazione del sogno americano".
Lasch esalta dunque le comunità di quartiere e la complementarietà fra città e campagna e dunque una visione democratica dell'esistente. Visione democratica, secondo Lasch, assai poco incoraggiata finanche dal giornalismo, il quale, lungi dal fornire spunti di discussione e di dibattito fra le persone della comunità medesima, si limita a diffondere informazioni, con la conseguenza finale che il popolo statunitense - bombardato dall'informazione stessa - rimane sempre più disinformato in quanto non ha spunti di ricerca ed approfondimento. E tutto ciò, rammenta Lasch, in quanto oggi lo scopo principale della stampa è quello di diffondere pubblicità commerciale o comunque promuovere qualsiasi cosa: da un candidato politico ad un prodotto di consumo, senza entrare nel merito delle sue qualità effettive e ciò riduce la possibilità per i cittadini di formarsi una propria opinione personale e di discuterne, come invece dovrebbe avvenire all'interno di una comunità.
Queste, in sostanza, le premesse per una società democratica, che Lasch fa coincidere con una forma di democrazia diretta su larga scala, fondata sulla formazione in luogo dell'informazione, sull'etica della responsabilità, del dovere e su principi di eguaglianza economica, ponendo dei limiti alla ricchezza e all'accumulo tipico delle società capitalistiche.
Christopher Lasch afferma dunque che oggi sono le élite, ovvero i gruppi che controllano il flusso di danaro e dell'informazione, che dettano legge e che controllano la cultura ed i termini del dibattito pubblico e questo non può che essere un vulnus per la democrazia. Le masse hanno così via via perduto interesse per la rivoluzione e la ricerca di emancipazione e si sono uniformate al modello unico borghese, spesso politicamente corretto, ove "i giovani professionisti si sottopongono a un duro, difficile regime di esercizi fisici e di controlli dietetici al fine di esorcizzare la prospettiva della morte - per mantenersi in uno stato di eterna giovinezza, per essere eternamente belli e sposabili - (...)".
In tutto ciò Lasch mette in discussione anche il cosiddetto principio "meritocratico" sul quale si fondano le élite liberali borghesi, affermando che "la meritocrazia è una parodia della democrazia" in quanto essa offre opportunità di avanzamento a chiunque abbia talento, purtuttavia tali opportunità non sono il sostituto di valori quali la civiltà, la cultura e la dignità, che sono il vero fondamento di una democrazia. In questo senso Lasch afferma che le élite meritocratiche non sentono affatto di avere degli obblighi nei confronti della comunità che intendono guidare, ma a loro interessa unicamente apparire diversi rispetto alla massa. Egli conclude dunque che l'unico scopo della meritocrazia delle élite è quello del garantire espansione economica e giudicare le persone unicamente sulla base della loro capacità di produrre. Questo, in sostanza, è il principio sul quale si fonda una società mercificata, mercantilistica e nient'affatto democratica.
"L'aristocrazia del talento", dunque, non è altro che un'ennesima forma di oligarchia.
Christopher Lasch, nel suo saggio, rammenta come i socialisti delle origini e, dunque, i populisti, abbiano sempre considerato l'indipendenza, l'autosufficienza e la capacità di autogoverno attraverso l'assunzione di responsabilità, come l'essenza stessa della democrazia, in polemica contro ogni forma di produzione su larga scala e centralizzazione politica. Egli fa quindi risalire il movimento per i diritti civili alla tradizione populista e rammenta come Martin Luther King ribadiva come i neri dovessero assumersi le proprie responsabilità relativamente alla propria sorte e raccomandava loro laboriosità, sobrietà e sforzo costante per migliorarsi.
Mentre, dunque, la tradizione liberale sostiene che la democrazia può esonerare qualsiasi virtù civica e morale (sdoganando magari aspetti quali l'egoismo), sollevando i cittadini di ogni dovere nei confronti della comunità, quella populista, viceversa, pone l'accento su responsabilità, virtù civica e carattere dei cittadini e ciò al fine di garantire convivenza e democrazia.
La democrazia, secondo Lasch, dunque, necessita di un'etica spiritualmente più stimolante rispetto alla mera "tolleranza" propagandata dai liberali, in quanto la tolleranza è solo l'inizio della democrazia e non il suo fine. Il maggior pericolo per la democrazia, secondo il sociologo statunitense, è dunque non già l'intollerenza, bensì l'indifferenza, il cinismo dilagante e la paralisi morale. Tutti aspetti, peraltro, incentivati dai non-luoghi di cui sopra: dai mezzi di comunicazione di mero intrattenimento e di lavaggio del cervello pubblicitario e dai centri commerciali ove acquistare compulsivamente, i quali hanno soppiantato i bar di quartiere ed i luoghi di socializzazione, di conversazione e di dibattito.
Un tempo erano proprio quelli che Lasch definisce i "posti terzi", i bar, i luoghi di socializzazione, il punto di ritrovo degli intellettuali, dei rivoluzionari, dei giornalisti, degli uomini politici ecc... Erano luoghi nei quali discutere, argomentare, confrontarsi guardandosi negli occhi. Oggi i cosiddetti "social"network stessi, invece, sono il loro esatto opposto e sono l'ennesimo non-luogo, l'ennesimo "centro commerciale" ove masturbare la mente, abbeverarsi di informazioni e pubblicità fini a loro stesse e con l'unico scopo ultimo di indurre le persone al consumo illimitato di contenuti decisi e veicolati dalle élite. Tutti aspetti già previsti e segnalati da Christopher Lasch oltre vent'anni fa, quando internet nemmeno esisteva.
Il mondo reale delle persone si contrappone dunque a quello irreale delle élite, che, siano queste di destra o di sinistra, disprezzano il popolo e lo considerano rozzo e incolto, non permettendo ad esso l'accesso a quegli strumenti necessari alla sua stessa emancipazione ed elevazione.
Populismo e socialismo originario contrapposti a liberalismo e mercantilismo. Responsablità, senso del dovere e dell'onore, socialità e pubblica decenza, contrapposte a consumismo illimitato, deregolamentazione, produttivismo, amoralità, asocialità, mero intrattenimento. Democrazia diretta e autogesionaria contrapposta a democrazia rappresentativa ed elitaria. Democrazia contro oligarchia, in sostanza.
Queste le contrapposizioni messe in luce dall'ottimo saggio di Christpoher Lasch. Attuale oggi più che mai e testo fondamentale per capire il momento presente ed il futuro che ci attende.

Luca Bagatin

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